Finalmente Alessandro ed io arrivammo all’affollato
parcheggio di Pont Valsavaranche, a quota 1.960m. Sembrava che il viaggio
non finisse più, ed essendo partiti dopo pranzo, avevamo un sonno
incredibile. Infatti, Alessandro, alla prima sosta per un caffè, lasciò
a me il piacere della guida! Non che io avessi un grande entusiasmo, ma
piuttosto che schiantarsi su un pilone dell’autostrada, accettai
volentieri!
Premetto che per me questo era il secondo tentativo
di raggiungere la vetta del Gran Paradiso, perché avevo già provato
nell’ottobre del 2003 con un altro amico.E’ stata una
bell’avventura, anche se parecchio faticosa. Il rifugio era chiuso,
quindi abbiamo dormito nel bivacco invernale. Non c’era luce, l’acqua
era scarsa e devo dire che il freddo mi ha svegliato parecchie volte
durante la notte.Sveglia alle 3,00, partenza, ma poi alcune cose andarono
storte e quindi, con grande sconforto, la vetta non fu raggiunta. Non vi
dico il mio stato d’animo……
Va bè!! Torniamo al 2004 con Alessandro!!
Come dicevo prima, arriviamo a Pont Valsavaranche già
stanchi dal viaggio, e guardandoci in faccia le prime parole sono state:
” Ma chi ce lo fa fare?”
Imbocchiamo il sentiero verso il rifugio Vittorio
Emanuele che con numerosi tornanti si inerpica nel ripido bosco.Più in
alto usciamo dal bosco e percorriamo in direzione Est gli ampi dossi
morenici oltre i quali si apre la meravigliosa vista sulle pareti nord del
Ciarforon 3642m e della Becca di Monciair 3544m.
Ecco che la nostra pigrizia
e già svanita e sostituita da un entusiasmo e da una carica quasi
incontrollabili.
Alessandro non ama come me l’arrampicata o comunque
cose particolarmente rischiose, ma c’è da dire che adora la montagna,
e, quando sono con lui per un’escursione, riesce a trasmettermi delle
emozioni particolarmente forti, facendomi apprezzare ancor di più quei
luoghi fantastici.
Raggiungiamo il
rifugio Vittorio Emanuele, posto a 2775 m di quota, poco prima
delle 19,00.
C’è molta gente e andiamo subito a confermare il
nostro arrivo per la cena e il posto a dormire.
L’unico mio dispiacere è che il telefono non
riceve, perché vorrei chiamare Cristina (la mia donna) per descriverle e
condividere con lei la bellezza di quei luoghi.Confesso che mi manca molto
e a quel punto so che non posso più sentirla fin la sera del giorno
successivo.
Sistemiamo alla meglio i nostri zaini nella
camera, che dato l’affollamento è purtroppo una di quelle della
parte invernale del rifugio ,quindi piccola e scomoda.Dopo cena decidiamo
che la sveglia sarà alle 03,30.Non abbiamo dormito molto e subito dopo la
colazione ci prepariamo, mettiamo scarponi,ghette e ci incamminiamo in
direzione Nord Est alla luce delle pile frontali.
Ci si muove tra grandi massi seguendo omini di pietra
e traccia di sentiero. Troviamo la neve già nelle vicinanze del rifugio,
e più in alto, percorrendo un canale che raccoglie l’acqua del
ghiacciaio, raggiungiamo la base dello stesso dove mettiamo i ramponi e ci
leghiamo in cordata. Devo dire che siamo partiti con un buon passo e
Alessandro ha sempre tenuto il ritmo senza la minima difficoltà.
Superiamo abbastanza velocemente il primo ripido
pendio che porta alla parte alta della salita caratterizzata da ampi dossi
nevosi.Ad un certo punto si devia a sinistra per superare la “schiena
d’asino”, la dorsale crepacciata che divide il ghiacciaio del Gran
Paradiso da quello di Laveciau.
Qui il panorama diventa sempre più suggestivo ed
emozionante. L’unico inconveniente è che in questo punto ha iniziato a
sollevarsi un vento forte e freddo, costringendoci a fermarci per
indossare guanti pesanti, cappelli e gusci.Proseguiamo sempre con passo
costante fin quando la cima è ormai in vista. L’emozione è sempre più
forte e in breve tempo ci portiamo sotto la breve cresta rocciosa
terminale.In 4 ore siamo arrivati in cima e mi complimento con Alessandro,
il quale non si sente però di percorrere il breve tratto roccioso
terminale che porta alla Madonnina di vetta. Salgo da solo e con difficoltà
a causa dell’enorme quantità di gente. Rimango un po’ deluso per la
mancanza della Madonnina, che a quanto pare è stata portata via per delle
manutenzioni, ma il panorama e la soddisfazione sono ripaganti di ogni
sforzo. E’ sempre bello fare un 4000, e indipendentemente dalle
difficoltà tecniche ritengo sia una grossa soddisfazione personale. Il
Gran Paradiso ha poi la particolarità di essere l’unico 4000 tutto
Italiano.
Scendo e raggiungo Ale, ci riposiamo alcuni minuti e
poi ripartiamo con tutta calma, godendoci ogni particolare del
paesaggio.Raggiungiamo il rifugio verso mezzogiorno, mangiamo qualche
cosa, e dopo aver salutato Emanuele, un amico che viene nella mia stessa
palestra e casualmente era salito
sul Gran Paradiso lo stesso giorno dalla parete Est (il mondo è piccolo),
scendiamo lungo il sentiero che ci riporta al parcheggio di Pont.Siamo
cotti,beviamo qualche cosa di fresco al bar e partiamo verso Milano.
La sera racconto a Cristina questi due giorni
indimenticabili….
Questa volta la vetta è stata raggiunta !!!!!!!!
|