VIA FERRATA FIAMME GIALLE  alla Palazza Alta
Gruppo del Civetta  Dolomiti

di Paolo Martini (paoloxmart@libero.it)

 

Capita a volte di sentire il bisogno di mettere alla prova le proprie capacità non per fini agonistici ma per una sorta di competizione con se stessi, in varie occasioni ho potuto constatare che queste sfide aiutano poi a rafforzare il proprio carattere infondendo sicurezza nell'affrontare le immancabili sfide quotidiane.

Nel versante ovest della Palazza Alta m.2255 (Monte Alto di Pelsa) è stata inaugurata il 14 giugno 1981 una ferrata che in certi tratti raggiunge la difficoltà del III° sup., pur essendo un impianto di tutto rispetto non ha mai avuto la celebrità delle grandi vie ferrate dolomitiche; classificata come molto difficile mi ha sempre attratto anche perché non conoscevo nessuno che l'avesse percorsa per cui un mattino, mi ritrovai lungo la strada comunale che dal paese di Cencenighe (BL) sale alla contrada di Bastiani (971 m); dal parcheggio chiare indicazioni mi conducono lungo il sentiero 562 prima su mulattiera e poi per un facile sentiero boschivo dove tabelle in legno scandiscono il percorso con indicazioni sull'altitudine e la località di quel posto.

Dopo un'ora esco dal bosco (1450 m) e finalmente posso vedere la valle del Cordevole contornata all'orizzonte dalle alte vette dell'Agner, delle Pale di S. Martino fino allo Sciliar continuando verso Nord con la "grande muraglia" della Marmolada ; ora il sentiero si fa più ripido e si snoda su un crinale di rocce friabili, alcuni tratti su cengia piuttosto insidiosi sono dotati di funi metalliche e fino alla Val delle Taie bisogna far attenzione nell'attraversare il dirupo franoso; la risalita continua fino a metri 1550 fin sotto al colatoio che scende dalla cima della Palazza Alta facilmente riconoscibile dalla valle perché è una fascia di roccia più chiara, dove, sulla destra, si sviluppa il tracciato della ferrata il cui attacco inizia alla quota di metri 1775. Questa traversata prima dell'attacco si svolge in ripida salita tra una folta vegetazione di pino mugo e cespugli di rododendri in fiore la cui vista fa dimenticare un po' l'asprezza del percorso che termina su uno spiazzo erboso cosparso di stelle alpine.

Circa due ore sono trascorse dalla partenza e la sosta su questo terrazzino fiorito serve a fare il punto sulle condizioni fisiche oltre che ad indossare l'imbrago e sistemare l'attrezzatura. Uno sguardo verso l'alto mi fa capire subito quelle che saranno le difficoltà : un semplice cavo teso verso l'alto sarà l'unico aiuto su cui contare. Non nascondo che l'eccitazione non lascia il tempo per fare valutazioni l'importante è iniziare subito l'arrampicata di questo primo tratto (la via si può idealmente suddividere in quattro parti) .Un risalto roccioso verticale coperto a tratti da qualche cespuglio viene superato con qualche passaggio di III°, mancano ovviamente appoggi per i piedi, qualche strappo con le braccia bisogna farlo, ciò rende ancora più avvincente il percorso che guadagna rapidamente quota , ogni tanto uno sguardo nel vuoto per ammirare il panorama e ritornare subito dopo sulla roccia per studiare il passaggio successivo, più di una volta ho letteralmente sbattuto il naso su grandi esemplari di stelle alpine che sembrava impossibile potessero vivere lassù.

Raggiunta una enorme cengia ricoperta di rododendri faccio una sosta prima di affrontare il secondo tratto (30'dall'attacco), dal costone un secolare abete ormai privo delle sue fronde alto circa 30 metri si protraeva nel vuoto facendo con il tronco un'ampia curva prima di puntare verso il cielo ; era il guardiano di quell'incantevole terrazzino fiorito.

Continuando l'ascesa le cime delle montagne dietro di me diventavano sempre più distinte, il bivacco Bedin sulle Pale di S. Lucano si vedeva chiaramente mentre la vetta dell'Agner era vicinissima; a rompere l'incanto di questo momento contemplativo il sibilo dei reattori di una squadriglia aerea mi ha fatto ritornare nella realtà.

Sfruttando piccole cenge, canalini e fessure procedo sulla roccia durissima di questa parete verticale con difficoltà che arrivano al III°, ogni più piccolo appiglio viene in aiuto ma non sempre è sufficiente, nel superare una placca un po' strapiombante mi trovo molto spostato sulla sinistra rispetto alla fune di sicurezza e lo spezzone di assicurazione è già teso per cui cerco di rimettermi al centro ma mi manca l'appoggio... attimi di paura... sono appeso solo con le mani... con fatica mi riporto dov'ero... un tremore incontrollabile prende possesso delle mie gambe, a lungo non potrei rimanere in quella posizione perché la suola dello scarpone appoggia su poco più di un centimetro, scendere è forse più difficile ... non posso vedere gli appoggi. Dentro di me si rincorrono emozioni e tensioni, forse sono sul punto di non ritorno... sono però consapevole che la corda dell'assicurazione è ben fissata ai miei moschettoni quindi devo farcela in qualche modo...

Prima di tutto ho pensato che dovevo calmarmi, ero sì in un momento critico ma la cosa più importante era recuperare le forze, dopo qualche minuto di respirazione controllata (yoga) faccio leva con le ginocchia sulla parete e con uno slancio mi riporto più su afferrando il cavo con una mano rimontando su una posizione più favorevole. Non è certo questa la maniera di arrampicare ma in quel momento era l'unica possibile; avevo la sensazione di non essere più tanto determinato come lo ero all'inizio della salita, avevo capito che ci potevano essere altri passaggi impegnativi visto che ero arrivato soltanto a metà percorso.

Raggiunta la seconda grande cengia posso vedere cosa mi aspetta più in su, uno spigolo molto esposto sarà l'inizio del terzo tratto (1ora 45'). I miei tempi di progressione non sono certo sportivi e sono molto soggettivi, quello che sembrava uno sperone a picco si dimostrava via via meno difficile del previsto e l'ho superato velocemente, sentivo di aver recuperato la fiducia, ero più concentrato e usavo di più la forza delle braccia, si intravedeva ormai la cima della Palazza Alta e sentivo dentro di me la sensazione che ormai nulla mi avrebbe più fermato. Altre due brevi pareti di roccia liscia mi attendono dopo aver attraversato sulla sinistra un cono detritico portano infine alla vetta (3 ore dall'attacco).

Un urlo di gioia è stato l'atto liberatorio dopo tante tensioni, la felicità ha spazzato via la stanchezza accumulata in oltre cinque ore di percorso, l'anfiteatro che appare è tra i più belli che un'escursionista può desiderare, la Civetta con in primo piano le Torri Venezia e Trieste, più a destra il massiccio della Moiazza... il panorama è grandioso e nello stesso tempo vicinissimo, la sosta contemplativa è lunga e gratificante.

Rimango parecchio tempo immerso nel silenzio, poi inizio la discesa che in dolce degradare attraversa distese erbose con macchie di mughi, seguo delle deboli tracce di sentiero mantenendomi in direzione

Palazza AltaNord-Est, dopo un'ora incontro alcuni cavalli al pascolo che mi vengono incontro, provo delle bellissime sensazioni anche perché era dal mattino che procedevo in solitaria; uno sguardo alla cartina per orientarmi... ero giunto nei pressi della Casera Favretti (m.1827).

Da questo altipiano prativo cerco di raggiungere il s.560 tagliando un po' il percorso e prendendo come riferimento la Torre Venezia e infatti poco dopo giungo sul tracciato che mi porterà al rif. Vazzoler (1ora 45'dalla cima). Non ero mai stato su questo rifugio e la prima impressione che ho avuto era la tranquillità, al riparo dei pini sorge una casera per bivaccare staccata dalla costruzione principale, più in là una chiesetta alpina intitolata alla Madonna delle Nevi dà un tocco religioso al posto... sarà stata una mia impressione ma i numerosi alpinisti presenti parlavano sottovoce quasi a non voler disturbare l'atmosfera di questo luogo.

Nei pressi è stato costruito un giardino botanico di speci alpine che merita una visita più approfondita . Dopo una lunga sosta rigeneratrice, scendo verso valle per il s.555 che è una carrareccia usata per i rifornimenti del rifugio e percorre la Val Corpassa fino a Listolade (m.680). Mentre attendo l'arrivo dell'autocorriera che mi riporterà in città, tanti pensieri passano per la mente ma uno in particolare è ricorrente in ogni fine escursione... quando e dove farò la prossima ?

 

Ritorna alla Home Page di Paolo Martini

 

Sfondo: le Guglie del Fumante (Piccole Dolomiti) da Est. Disegno di Paola Berti de Nat (da "Le Alpi Venete", Primavera - Estate 1978).