L’andare per monti per alcuni di
noi è passione di vecchia data. Ora che i capelli piano piano hanno
assunto riflessi bianco argentati, inaspettatamente, questo bel passatempo
è diventato una parte essenziale della nostra vita. Il richiamo è
diventato irresistibile. Certo la nostra esperienza è limitata. Non
apparteniamo alla ristretta elite degli Alpinisti. Siamo dei semplici
escursionisti ma con tanto fiato e buona volontà.
Un bel giorno di giugno mentre con
Silvano, Luigi, Giovanni stiamo fantasticando sulle gite da effettuarsi
durante l’estate qualcuno butta lì una proposta: “…sarebbe bello
provare a fare qualche via ferrata, semplice senza tante pretese, per
prendere confidenza con imbragature e moschettoni… ” .
Il primo commento: “…si adesso
che sono in pensione vado ad arrampicarmi, a cercare di mettermi nei
casini…”. Ormai conosco bene gli amici. Pieni d’entusiasmo ma hanno
bisogno di una piccola spintarella per decidersi. Senza dire
altro procuro l’attrezzatura e dopo due giorni siamo in automobile,
destinazione Riva del Garda con obiettivo la salita a Cima Capi attraverso
la “Ferrata Fausto Susatti”.
Le indicazioni della cartina sono ben
dettagliate. Arrivati a Biacesa (da Riva si prende la galleria che porta
in Val di Ledro) lasciamo l’automobile e zaino in spalla inizia la
nostra nuova impresa. La giornata è splendida. Una leggera brezza sale
dal lago, la visibilità è ottima ed il cielo è azzurro. Non possiamo
chiedere di più.
Prendiamo la stradina e saliamo fino alle case alte; imbocchiamo il
“Senter dei Bech” segnavia n. 470 e ci inoltriamo nel bosco fino ad un
bivio con il sentiero “Susatti”. Seguendo il sentiero ci chiediamo se
mai arriveremo all’inizio della ferrata, perché sebbene il panorama che
si intravede, dentro e fuori dalla vegetazione, sia notevole stiamo
camminando da più di un ora senza prendere quota. Finalmente arriviamo
alla partenza della ferrata vera e propria! Giovanni comincia a litigare
con l’imbragatura. Silvano non è da meno. Io che sono l’esperto ho il
mio bel da fare a metterli in ordine. Luigi, visibilmente preoccupato,
comincia a lamentarsi come una litania: “…guardate dove mi avete
portato a 63 anni, se mi vedesse mia moglie legato come un salame… e
cosa direbbero le mie nipotine…”. Giovanni invece diventa
incontenibile e si arrampica come una capra (capra del sud, perché è di
Bari) e tra uno sfottò e l’altro, senza dimenticare la sicurezza perché
alcuni tratti sono particolarmente esposti, arriviamo alla vetta con
grande soddisfazione di tutti. Il panorama è eccezionale. Il Lago di
Garda sotto i nostri piedi, il Monte Baldo che sembra quasi toccarlo. La
sosta è sempre troppo breve perché uno spettacolo così non vorresti mai
smettere di ammirarlo, ma il sopraggiungere di altre persone ci obbliga a
lasciare la piccola piazzola. La discesa si compie sull’altro versante
attraverso la “Ferrata Foletti” fino al bivacco Arcioni dove troviamo
una piccola comitiva di Bolzanini. Tutti “ragazzi” come noi,
attrezzati con ogni ben di Dio (attrezzatura del tipo eno-gastronomico, si
intende ovviamente). Subito grande amicizia e dopo alcune bottiglie di
buon vino, quasi parenti, qualcuno intona vecchie canzoni e la stanchezza
non la senti più. Arriviamo all’automobile stanchi, un po’ stravolti
dalla tensione per la nostra prima ferrata, ma soddisfatti e ansiosi di
cimentarci nella salita di un’altra via ferrata. Quale potrà essere la
prossima?
(Il
racconto della giornata è dell'amico Gigio)
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